Ci dedicheremo fortemente ai giochi per dispositivi mobile, i quali saranno le nostre piattaforme di riferimento“. Così, con queste cazzate ferali parole, Hideki Hayakawa, CEO di Konami, in una recente intervista ha di fatto posto la parole fine alla storia ludica di una delle software house più importanti degli ultimi trent’anni. Sì dirà: boccheggiava da tempo. Risponderò: vero, ma fa male lo stesso, specie per chi ha più di trent’anni. Konami, negli ultimi tempi, ha campato solo grazie ai suoi due brand più celebri: Metal Gear e PES. La quantità di IP lasciate morire tuttavia, è impressionante, forse ancora maggiore rispetto all’altra celebre softco defunta quest’anno, Sega (che almeno continua a sfruttare titoli vecchi di trent’anni dando loro nuova linfa vitale, basti pensare alle sensazionali versioni 3D per Nintendo 3DS). Ma cosa è stata, un tempo, Konami?

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In sala, ai tempi della Golden Age.

La produzione Konami inizia alla fine degli anni ’70, ma è solo all’inizio degli anni ’80 che la sofco inizia a farsi conoscere dal grande pubblico con pietre miliari che fanno la storia della golden age dei videogiochi. Nel 1981 arrivano nelle sale giochi di tutto il mondo Frogger, Scramble e Amidar. Mentre l’Italia vince i Mondiali, nel 1982, bambini e adolescenti si sollazzano con Pooyan, Time Pilot e Tutankham. Nel 1983, quando quasi tutte le sofco nipponiche più importanti sono intente a sfornare capolavori, Konami continua a sbancare con Gyruss, Juno First, Rock n’ Rope e “il gioco delle Olimpiadi”, quel Track & Field/Hyper Olympic responsabile di innumerevoli casi di tunnel carpale in sala giochi.Innovazione + creatività = mix vincente.

La Golden Age prosegue negli anni successivi, con titoli del calibro di Mikie, Circus Charlie e Hyper Sports (1984), Gradius, Shao-Lin’s Road, Yie Ar Kung Fu e Rush’n Attack/Green Beret (1985) Salamander e Wec Le Mans (1986) e Contra nel 1987. Da allora Konami continua a presidiare le sale giochi con titoli popolari (si pensi ai clamorosi successi su licenza Teenage Mutant Ninja Turtles: Turtles in Time e The Simpsons) e interessanti shooter e picchiaduro, anche se a ben vedere i ’90 sono meno memorabili del decennio precedente. Come per molte softco nipponiche il 1994, anno di uscita di Playstation e Saturn, segna un po’ il punto di non ritorno per le produzioni da sala, che in casa Konami proseguono per gli anni a venire con infinite clonazioni del pur ottimo Beatmania. La magia però è finita.

8 Bit

Konami: MSX= Kubrick:cinema. Basterebbe questa equazione per descrivere l’incredibile livello qualitativo raggiunto da Konami sulla piattaforma, di enorme successo in Giappone, molto in altri Paesi tra cui l’Italia, figlia del sogno/utopia di Kazuhiko Nishi, all’epoca vice direttore della filiale giapponese di Microsoft e fondatore della società ASCII. Le produzioni Konami per MSX sfruttano al 101% le potenzialità delle macchine figlie di questo standard e rappresentano uno dei matrimoni più riusciti tra una softco e un hardware (ma siamo proprio a livelli celestiali eh, forse ancora meglio che con Epyx/Commodore 64, Treasure/Megadrive, Square/PSX o Rare/Nintendo 64). Il video parla da solo.

Da non dimenticare nemmeno il grandissimo supporto dato al NES nell’arco di quasi dieci anni, dal 1985 al 1994.

16 Bit

Buon supporto del Megadrive, un paio di chicche clamorose per Pc Engine (sì, lo so che non è un sistema a 16 bit, ma la generazione è quella e poi non si possono non citare Snatcher e Akumajou Dracula X: Chi no Rondo) e tantissimi titoli per Super Famicom: su questa piattaforma Konami setta nuovi parametri in ambito shoot’em up (Axelay), action (Contra III: The Alien Wars) e titoli calcistici (i due clamorosi Perfect/Fighting Eleven, che non facevano rimpiangere gli arcade delle sale giochi, aggiungendo customizzazioni a go go e multiplayer). Da non dimenticare nemmeno gli ottimi Super Castlevania IV, Legend of the Mystical Ninja (e relativi seguiti, purtroppo mai arrivati in occidente), Super Castlevania IV, Batman Returns (una delle migliori licenza mai realizzate), Parodius Da!, Pop’n Twinbee e i titoli della serie Tiny Toons.

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32 Bit e generazioni recenti

Tante le nuove IP lanciate in quel periodo, molte delle quali oggi completamente dimenticate (anzi, TUTTE dimenticate). In ambito RPGistico spiccano i magnifici Vandal Hearts e Suikoden, c’è il misconosciuto ma eccezionale Poy Poy, uno dei giochi in assoluto più divertenti di sempre in ambito multiplayer, il clamoroso International Track & Field 2000, che a distanza di quindici anni rinverdisce i fasti di Hyper Olympic, mentre su Playstation 2 Konami addolcisce i primi anni della console con release del calibro di Ring of Red, Zone of the Enders e Shadows of Memories, senza contare ovviamente i vari Castlevania e Metal Gear. L’ultimo lustro è invece sintomatico dell’inaridimento della vena creativa di Konami, che campa grazie alle intuizioni di Kojima, alcune fiammate d’orgoglio (El Shaddai: Ascension of the Metatron) e al sempiterno PES, che perde però sempre più spesso il confronto con FIFA. Il resto è storia (recente).

Ecco, adesso che vi ho fatto ricordare cos’è stata Konami in passato, forse vi sarà più chiaro comprendere perchè ritenga questa, a oggi, la più grave perdita mai avvenuta nella storia dei videogiochi. Il tutto, ovviamente, in attesa del prossimo cadavere (Capcom? Nintendo?). La festa sta finendo gente, l’ultimo spenga la luce.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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3 Comments

  1. davvero una chicca, io ho iniziato a conoscere konami nei secondi anni ’90 e vedo che molte perle me le sono perse

  2. Akumajo Dracula XX è quello per snes.
    (Devi aggiugere una X)

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